mercoledì 15 giugno 2016

Per la chiesa indonesiana la risposta alla tossicodipendenza è nel recupero

Jakarta pronta a fucilare 48 narcotrafficanti
di Mathias Hariyadi

A metà luglio, dopo la festa di fine Ramadan, 18 condannati a morte verranno giustiziati. Altre 30 pene capitali saranno eseguite nei primi mesi del 2017. 

Si abbassa l’età media dei consumatori di stupefacenti. Le vittime sono 104mila, ogni giorno si contano 50 decessi per overdose. L’impegno della Chiesa indonesiana per il recupero, ma mancano le strutture. 

Jakarta (AsiaNews) - In Indonesia è tutto pronto per un terzo round di esecuzioni di gruppo; dopo alcune settimane di incertezza, ora vi è anche l’ufficializzazione della data: verso la metà di luglio, a conclusione delle celebrazioni per l’Eid Al-Fitr, la festa che segna la fine del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico. Finiranno davanti al plotone per essere giustiziate 18 persone, tutte condannate per reati legati al narcotraffico. Inoltre, per i primi mesi del 2017 il boia entrerà in azione una quarta volta per la fucilazione di altre 30 persone nel braccio della morte per vendita di stupefacenti. 

Il procuratore generale della Repubblica indonesiana HM Prasetyo parla di “48 figure di primo piano” del narcotraffico, che verranno giustiziate entro la fine del prossimo anno. A questi si aggiungono altri 152 condannati a morte per omicidio, terrorismo e altri reati gravi. Egli ha inoltre confermato che tutte le procedure sono state completate ed è tutto pronto “per il terzo round di esecuzioni” fissato per “luglio 2016” e che si terranno nell’isola di
Nusakambangan. 

L’Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, ha una delle leggi anti-droga più severe al mondo, per combattere quella che il presidente Joko Widodo ha definito “un’emergenza nazionale”. E negli ultimi anni ha rafforzato la campagna “a tutto campo” contro gli stupefacenti. Dal 1979 al 2015, sono state portate a termine 66 esecuzioni capitali.

Nel gennaio 2015 il boia ha giustiziato cinque stranieri e una donna indonesiana. Qualche mese più tardi, ad aprile il secondo round di esecuzioni (non senza critiche internazionali) con l’uccisione di otto persone, fra cui due australiani. In quell’occasione, Jakarta ha risparmiato la vita di Mary Jane Fiesta Veloso, 30enne domestica filippina condannata alla pena capitale per traffico di droga.

Secondo un recente rapporto dell’Agenzia nazionale anti-droga (Bnn), sempre più persone sono coinvolte nel consumo di stupefacenti, in particolare le anfetamine, una vera e propria piaga per molti Paesi del Sud-est asiatico.

Ad aggravare la situazione, l’età media dei consumatori che si abbassa sempre più con i giovani bersaglio privilegiato dei grandi narcotrafficanti e un mercato in continuo aumento. Accade con sempre maggior frequenza che nelle scuole e negli istituti, anche per giovanissimi, persone prive di scrupoli offrano caramelle e dolci “farciti” con la droga, causando danni gravissimi. 

Secondo stime della Bnn, in Indonesia vi sono almeno 5,1 milioni di consumatori di sostanze proibite, con un’età che varia dai 15 a 64 anni. Le vittime per droga sono 104mila, con un progressivo aumento dei giovani. Ogni giorno si contano nel Paese almeno 50 decessi di overdose, per quella che, secondo molti, sta diventando una vera e propria emergenza nazionale. 

Un ultima statistica conferma l’allarme: negli ultimi cinque anni almeno il 50,2% dei trentenni ha sperimentato almeno una volta la droga. La maggior parte dei consumatori sono maschi (80%), con una percentuale inferiore di donne (20%).

Per rispondere all’emergenza da qualche anno la Chiesa indonesiana ha lanciato programmi mirati di assistenza e recupero dei tossicodipendenti. Nel giugno 2014 la Conferenza episcopale ha avviato un piano pastorale contro la dipendenza, volto anche e soprattutto a recuperare i consumatori in particolare i più giovani. Restano però ancora diversi problemi irrisolti, il primo dei quali il numero insufficiente di centri di recupero: “Ad oggi - spiega ad AsiaNews Anastasia Cakunani, responsabile del centro di Yayasan Sekar Mawar, sotto la diocesi di Bandung - abbiamo solo 140 posti, che non bastano per rispondere ai bisogni di un numero immenso di vittime”. 

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