martedì 1 marzo 2016

Incoerenza degli stati che usano la pena di morte

Sappiamo che il percorso che porterà all'abolizione della pena di morte sarà ancora lungo, tuttavia il convegno internazionale "Per un mondo senza pena di morte" promosso dalla Comunità di Sant’Egidio – che il Papa ha salutato domenica 21 febbraio durante l’Angelus, ha dato un nuovo impulso all’impegno abolizionista.
 I Ministri della Giustizia e i rappresentanti di 30 Paesi presenti a Roma si sono confrontati in modo inedito sul cammino da fare per difendere la vita: Paesi abolizionisti e Paesi mantenitori insieme. Sono stati ricevuti dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha rilanciato l’appello per un mondo senza pena capitale. 

Molti in questi giorni si sono uniti a noi in questa battaglia per l'umanità

Per questo riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo 
della Prof.ssa Giuliana Ammannati, docente in Filosofia e Scienze Umane. Pedagogista Clinico ANPEC


INCOERENZA DEGLI STATI CHE USANO LA PENA DI MORTE



Uno Stato quando condanna un suo membro alla pena di morte, sopprimendo la vita di una persona perché ha ucciso, commette, a sua volta, lo stesso identico crimine, la stessa identica colpa di chi viene mandato a morte.


Dunque per il principio usato verso la persona, questo Stato dovrebbe autocondannarsi ed essere punito, a sua volta, con la pena capitale.

La logica è la stessa, ma nell’applicarla si fanno, invece, due pesi e due misure.
La pena di morte è affermata per le singole, trascurabili persone, la cui vita è insignificante, superflua, irrilevante rispetto a un “tutto” che ha peso ed importanza.

Lo Stato che contempla la pena di morte per fare giustizia è sconfitto, al suo interno, dalla sua stessa incoerenza e si manifesta per quello che è: non evoluto, istintivo, non civile, non vitale e non creativo: infatti risponde alla morte con la morte e alla violenza con la violenza.

Si sconfessa da solo agli occhi non ciechi del mondo intero. 

Questo Stato potrà anche parlare di diritti, di pace, proclamare la giustizia sociale e adoperarsi in azioni umanitarie; resterà, comunque, inficiato e non credibile sotto il profilo umano e civile.

Nella storia si è rassegnato e si è consegnato alla mediocrità. E invece bisognerebbe essere pronti a ricominciare.

Agostino d’Ippona, scriveva: “Ti riesca sempre sgradito ciò che sei, se vuoi giungere a ciò che non sei ancora. Infatti quando ti fermi nella crescita e dici – Basta così -, è lì che sprofondi.”

Resta indietro chi non avanza. Pertanto, è augurabile, per questi Stati dove vige la pena di morte, un cambiamento di mentalità, una filosofia nuova, e un’azione politica che abbia come finalità la crescita verso la giustizia vera; cominciando dal riconoscere il valore supremo e sovrano della vita di ogni singola persona e della sua dignità, non soltanto quella dei popoli e delle nazioni.



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