giovedì 9 ottobre 2014

Fermare le esecuzioni di persone con disabilità mentale

In occasione della XII Giornata mondiale contro la pena di morte, la Coalizione Mondiale contro la pena di morte rilancia il problema delle esecuzioni di disabili mentali. 

Le organizzazioni per i diritti umani ricordano che "gli standard internazionali sulla disabilità mentale e intellettiva sono importanti salvaguardie a tutela di persone vulnerabili: non hanno lo scopo di giustificare crimini orrendi ma stabiliscono dei criteri in base ai quali la pena di morte può essere o meno inflitta" lo dichiara Audrey Gaughran, direttrice del programma Temi globali di Amnesty International. "Siamo contrari alla pena di morte in ogni circostanza, in quanto è l'estrema punizione crudele, disumana e degradante. Ma nei paesi che ancora ne fanno uso gli standard internazionali, compresi quelli che la vietano nei confronti di determinate categorie di persone vulnerabili, devono essere rispettati, in vista dell'abolizione definitiva" - ha aggiunto Gaughran. 

Si chiede ai governi di tutti i paesi che ancora usano la pena di morte di istituire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni come primo passo verso l'abolizione per interrompere subito questa terribile ingiustizia. 

I casi nei diversi Paesi. I casi che seguono illustrano il modo in cui la pena di morte è usata nei confronti di persone con disabilità mentale e intellettiva: 

- negli Usa, Askari Abdullah Muhammad è stato messo a morte il 7 gennaio 2014 in Florida per un omicidio commesso in carcere nel 1980. Aveva una lunga storia di malattia mentale e gli era stata diagnosticata una schizofrenia paranoide. Il 9 aprile, il cittadino messicano Ramiro Hernandez Llanas è stato messo a morte in Texas nonostante sei successivi test sul quoziente intellettivo avessero dimostrato la sua disabilità intellettiva e dunque l'incostituzionalità della sua condanna a morte. In Florida, Frank Walls e Michael Zack, due condannati a morte con gravi traumi mentali, hanno esaurito tutti gli appelli contro l'esecuzione; 

- in Giappone, molti prigionieri sofferenti per malattie mentali sono stati già impiccati, altri rimangono nel braccio della morte. Hakamada Iwao, 78 anni, condannato a morte per omicidio nel 1968 al termine di un processo iniquo, è la persona che ha trascorso il più lungo periodo di tempo nel braccio della morte, 45 anni. Durante decenni di isolamento completo, ha sviluppato numerosi e gravi problemi di salute mentale. È stato rilasciato provvisoriamente nel marzo 2014 in vista di un possibile nuovo processo. Matsumoto Kanji è nel braccio della morte dal 1993 e, sebbene i suoi avvocati stiano chiedendo un nuovo processo, potrebbe essere impiccato in ogni momento: ha sviluppato disabilità mentale a seguito di avvelenamento da mercurio e appare paranoico e incoerente a seguito della malattia mentale sviluppata durante la detenzione; 

- in Pakistan, Mohammad Ashgar, diagnosticato schizofrenico paranoide nel 2010 nel Regno Unito e da qui rinviato in Pakistan, è stato condannato a morte nel 2014 per blasfemia. 

Per fermare la pena di morte, affermano le associazioni della Coalizione Mondiale, ci sono 10 cose che ciascuno può fare:

1. Participare a "Città per la vita - Città contro la pena di morte" il prossimo 30 novembre 2014;  
2. Organizzare un dibattito pubblico e proiezioni di filmati con la presenza di condannati riconosciuti innocenti, familiari di vittime;
3. Organizzare mostre d'arte o spettacoli, per coinvolgere la popolazione;
4. Organizzare sit-in, flash mob;
5. Partecipare agli eventi organizzati per le giornate e diffondere le notizie; 
6. Inviare appelli urgenti per chiedere la salvezza di condannati a morte che rischiano l'esecuzione e diffondere le notizie; 
7. Scrivere a un condannato a morte;
8. Dare un contributo per la difesa dei condannati a morte;
9. Visitare i siti di associazioni abolizioniste;
10. Sensibilizzare sulla questione della pena di morte.



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