martedì 7 ottobre 2014

Birmania: in nome della riconciliazione nazionale liberi 3.000 detenuti

Le carceri birmane si sono svuotate oggi di oltre 3 mila detenuti, con un'amnistia - l'ultima di una serie iniziata tre anni fa con le riforme del governo civile - che ha rimesso in libertà però perlopiù criminali comuni, con soli pochi ex militari caduti in disgrazia e nessun prigioniero politico di rilievo.Il provvedimento ricalca in ogni caso una dinamica già vista: con l'avvicinarsi di un evento importante - in questo caso due summit che ospiterà a novembre - Naypyidaw sembra voler mostrare alla comunità internazionale che il vento è davvero cambiato per il meglio.

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L'annuncio è stato pubblicato sulla pagina Facebook del ministro dell'Informazione, Ye Thut. "I prigionieri sono stati rilasciati per ragioni umanitarie, in nome della riconciliazione nazionale, della legge e dell'unità tra le etnie", si legge nelle motivazioni.

Tra gli ex detenuti figurano diversi membri delle forze di intelligence militare di Khin Nyunt, l'ufficiale purgato nel 2004 dall'allora dittatore Than Shwe perché sospettato di star costruendo una base di potere alternativa.

Secondo l'Associazione per l'assistenza ai prigionieri politici (Aapp), che dalla Thailandia tiene il conto dei detenuti di coscienza, nessun appartenente a questa categoria è interessato dall'amnistia di oggi e dietro le sbarre rimangono circa 75 persone imprigionate per le loro idee. Per il "Comitato per lo scrutinio dei prigionieri politici", un organo governativo istituito l'anno scorso per valutare quali detenuti soddisfano tale condizione, almeno 13 persone rilasciate oggi rientrano in questa definizione.

Dalla nascita del governo semi-civile dell'ex generale Thein Sein nel 2011, in un Paese dove comunque la struttura di potere è ancora fortemente orientata verso i militari, la Birmania ha approvato ormai una decina di amnistie, che hanno progressivamente rimesso in libertà circa 2 mila prigionieri politici.

Il tutto è avvenuto in un'atmosfera di graduale apertura dopo mezzo secolo di dittatura culminato con l'isolamento internazionale, e da allora le riforme - tra cui l'apertura politica alla leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi - hanno portato alla rimozione di gran parte delle sanzioni americane ed europee, nell'ambito di una nuova corsa agli investimenti stranieri nel Paese.

Il desiderio della autorità birmane di aprirsi all'estero - dopo che l'isolamento aveva portato a un'eccessiva e controversa influenza della Cina - è evidente anche dalla tempistica delle diverse amnistie, compresa quest'ultima. Il prossimo mese, Naypyidaw ospiterà infatti il nono "East Asian Summit" e il 25esimo vertice dell'Asean (Paesi del Sud-est asiatico), e attende con impazienza l'arrivo - il secondo in due anni - del presidente statunitense Barack Obama.

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