mercoledì 3 luglio 2013

Florida: uno Stato in opposizione alla tendenza abolizionista negli USA


La decisione di sospendere l'applicazione della pena di morte da parte del Maryland (maggio 2013) e del Connecticut (12 aprile 2012), la decisione della California di votarne l'abolizione a novembre 2013 e l'allungamento oltre l’anno dei termini per presentare ricorsi federali in presenza di prove solide a sostegno dell’innocenza del condannato a morte (Sentenza della Corte Suprema, No. 12-126), sembrano aver consolidato una lenta ma costante revisione dell’applicazione della pena capitale negli Stati Uniti.  Tuttavia, alcune recenti decisioni del Governatore della Florida contraddicono questa tendenza e riportano all'attenzione il problema degli Stati che ancora mantengono e applicano la pena capitale.

La Florida è uno dei 33 Stati che ancora mantiene la pena capitale e detiene nei bracci della morte circa 405 condannati, più di qualsiasi altro Stato eccetto la California (723). Anche il numero di esecuzioni in Florida è tra i più elevati: 77 dal 1976 (anno di ripresa delle esecuzioni dopo un lungo periodo di sospensione), il quarto valore più elevato dopo quello di Texas (500), Virginia (109) e Oklahoma (98). In Florida è anche più facile comminare sentenze capitali: non è, infatti, richiesta ai giurati l'unanimità, ma basta la maggioranza per invocare dal giudice una condanna a morte. Gli errori giudiziari rilevati sono tra i più numerosi: dal 1973 sono 24 i detenuti liberati dal braccio della morte, perché riconosciuti innocenti.



Sono emblematici i casi di Joaquin Josè Martinez, nato in Ecuador, figlio di madre ecuadoregna e di padre spagnolo. È stato il primo spagnolo ad uscire dal braccio della morte negli Stati Uniti, il 96° condannato a morte riconosciuto innocente e liberato.

L’attuale governatore, il repubblicano Rick Scott, ha deciso di dare ulteriore impulso all’applicazione della pena capitale firmando in successione l’esecutività di più condanne e scegliendo i condannati con un maggior numero di anni di permanenza nel braccio della morte: Elmer Leon Carroll, William Van Poyck e Marshall Lee Gore, rinchiusi nel braccio della morte da più di 20 anni. Particolarmente in questi giorni si teme per la vita di Marshall Gore, in lista per l'esecuzione per il 10 luglio prossimo.


Da parte sua, il Parlamento dello Stato della Florida ha proceduto in parallelo, approvando a larga maggioranza una legge il 14 giugno scorso (HB 7083), il cosiddetto Timely Justice Act, che irrigidisce le scadenze nei processi capitali e accelera l’esecuzione delle condanne. La legge prevede, infatti, che il governatore firmi l’ordine di condanna capitale entro un mese dalla conclusione degli appelli e che l’esecuzione avvenga entro i sei mesi successivi. Si vorrebbe così evitare la permanenza prolungata dei condannati nei bracci della morte, che indebolirebbe la deterrenza della pena e la sua portata risarcitoria nei confronti delle vittime.

 

 

 













La scarsa fondatezza di questa legge e la sua pericolosità sono evidenti. Si osserva, infatti, che in  Florida la permanenza media nei bracci della morte è inferiore al resto del paese (13,2 anni contro una media federale di 14,8), mentre gli errori giudiziari sono maggiori che altrove, provocati dai molti difetti del sistema giudiziario e dalla scarsa preparazione degli avvocati d’ufficio messi a disposizione degli imputati più poveri. Seth Penlaver , rilasciato dopo 18 anni nel braccio della morte, ha dichiarato di essere "l'esempio vivente" del perché il Timely Justice Act non avrebbe dovuto essere approvato .
Inoltre, questa accelerazione delle esecuzioni sembra strumentale alla ricerca di consenso elettorale da parte del governatore, in vista delle elezioni del prossimo anno. Questa strada è stata percorsa anche in passato: nel 1989 un governatore della Florida alla ricerca di consensi elettorali, Bob Martinez, firmò sei condanne a morte in un solo giorno.
Per cercare di fermare questo nuovo impulso alle esecuzioni capitali, i vescovi della Florida hanno scritto una lettera aperta al governatore, chiedendogli di sospendere le esecuzioni previste commutandole in ergastoli e di riflettere sul senso e l'utilità della pena capitale, che indebolisce e non rafforza la società:
 " Uccidere per mostrare che l'omicidio è un male è una palese contraddizione, che tocca ogni animo umano. Le esecuzioni ci rendono peggiori ........... Governatore, la preghiamo di considerare che la pena di morte ci diminuisce tutti e contribuisce ad un crescente disprezzo della vita umana. Essa perpetua un ciclo di violenza e alimenta il senso di vendetta nella nostra cultura. La vita umana, donata da Dio, è sacra. Questa sacralità non dipende dalla colpevolezza o innocenza. Anzi, dimostrazioni di pietà possono avere un effetto profondo producendo pentimento e conversione in coloro che hanno commesso gravi crimini" (22 maggio 2013).
Auspichiamo che queste parole, che non sono riuscite a fermare le ultime esecuzioni, vengano nuovamente a raccolte e impongano un ripensamento.

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